Ravenna

Cento Miglia in MG sulle tracce della Nove Colli in Romagna

Ricordi e cucina di Romagna

Parlare della Romagna per raccontare un evento motoristico, è quasi impossibile senza evocare ricordi culinari e scolastici. Nell’austera libreria di mio padre erano conservati con cura un gran librone foderato di azzurro intitolato “Il Cucchiaio d’argento” e il ricettario di Pellegrino Artusi “L’arte di mangiar bene”.

Le nostre ricette domenicali traevano spunto da questi sacri testi, seguendo il pensiero del gran maestro della cucina italiana: “Non si vive di solo pane, è vero; ci vuole anche il companatico; e l’arte di renderlo, più sapido, più sano, lo dico e lo sostengo, è vera arte. Riabilitiamo il senso del gusto e non vergogniamoci di soddisfarlo onestamente, ma il meglio che si può…“.

Se a questo aggiungiamo il verso di Giovanni Pascoli che richiama la dolce e solatia Romagna, si chiudono i ricordi e si apre la narrazione. Vi racconto i tre giorni del raduno organizzato dal valente area Manager del’Emilia-Romagna Nazario Brasina, aiutato dall’infaticabile Loredana Ceccarelli che, come leggerete, hanno preparato un evento degno anche dei palati più esigenti.

La partenza e Mercato Saraceno

La mattina del 23 aprile alle 9.30, le 23 rombanti MG + 1 Jaguar di servizio, che ospita una graziosa gentile signora proveniente dal Mozambico, sono pronte a partire.

I tre suoni del fischietto del responsabile nazionale Piero Fusaroli segnano l’inizio e la multicolore colonna si mette così in marcia. Attraversiamo rapidamente Bertinoro, Fratta Terme, Polenta per arrivare in piazza Mazzini, a Mercato Saraceno dove ci attende il Sindaco, la gentile Dottoressa Monica Rossi.

Ringraziamo per l’ospitalità e allo stesso tempo le presentiamo gli equipaggi e le vetture schierate lungo la piazza. Davanti ai suoi occhi sfilano almeno quarant’anni della storia MG, dagli anni sessanta con le sinuose MGA, agli anni duemila con le più moderne MGF e TF. L’appeal e il fascino nostre vetture colpiscono gli avventori dei bar che si affacciano sulla piazza e tutti loro, Sindaco compreso, ci fanno mille domande e manifestano il loro apprezzamento con ampi sorrisi e gesti d’intesa.

Il sindaco di Mercato Saraceno

Vorremmo conoscere meglio la storia di Mercato Saraceno trattenendoci oltre il tempo previsto ma la Cento Miglia incombe su di noi e ci concede solo il breve tempo di degustare un caffè, sotto i portici.

Lo stile sobrio dell’esercizio nel quale lo degustiamo non deve trarre in inganno, si tratta di un “Caffè” che vanta ben 200 anni di storia essendo stato aperto nel 1822 e da cento anni è di proprietà della stessa famiglia. Brindiamo alla salute di due centenari: il “Magico Ottagono MG” e il “Caffè Centrale” poi la calma della piazza è rotta dai tre fatidici trilli e la carovana deve ripartire.

Sulle tracce della mitica Nove Colli in Romagna

Il nostro road book segna 28,58 miglia e abbiamo percorso più di un quarto dell’intero percorso. Scendiamo lungo la SP 11 e i sedici tornanti del Barbotto possono gustare il concerto delle “marmitte” delle nostre MG che in rilascio producono il caratteristico borbottio. Accompagnati dai clacson delle vetture che incrociamo e dagli impercettibili saluti dei ciclisti che faticano e sudano sulle tortuose salite del gran fondo dei Nove Colli, attraversiamo Rontagnano, Stringara, Montegelli per giungere a Sogliano al Rubicone, dove ci attende un artusiano e sontuoso pranzo.

Il road book segna 53,63 miglia, siamo oltre la metà del nostro percorso e possiamo sederci a tavola, tranquilli. Il menù soddisfa le aspettative di tutti: due ricchi antipasti, passatelli a volontà, gran grigliata di carne e per finire, il Bustreng dolce, la cui ricetta affonda le sue radici nel medioevo ed è stata valorizzata da Artusi per recuperare il pane raffermo e trasformarlo in una delizia del palato.

Formaggio di fossa e tanto gusto

A Sogliano si produce il formaggio di fossa e il paese vanta le più antiche installazioni dove nasce questa prelibatezza. Le visitiamo anche noi e quasi tutti, oltre a degustare il prezioso cacio ne facciamo scorta. Le vetture scalpitano e sarebbero pronte a scatenarsi tra le curve che portano al piano ma, dopo l’artusiano pranzo la media si abbassa un poco e le nostre “amate inglesine” ricevono qualche applauso e saluto in più lungo la strada che ci riporta verso la pianura di Cesena.

A fine giornata abbiamo percorso 101,03 miglia, raggiungendo il traguardo che ci eravamo prefissati.

La sera, per dare un po’ di riposo alle nostre infaticabili vetture, percorriamo solo qualche chilometro per cenare, celebrare la ricca tradizione culinaria della provincia di Forlì-Cesena e gustarne i deliziosi piatti.

Ravenna e i suoi tesori

L’indomani, terminata la rievocazione sportiva, la bussola della nostra multicolore colonna cambia direzione, andremo verso Nord-Est a scoprire i tesori dell’arte bizantina a Ravenna. Nell’ipogeo della chiesa di sant’Eufemia, tre metri sotto il livello stradale scopriamo lo splendore della Domus dei tappeti di pietra costituito dai mosaici policromi e dai marmi, appartenenti a un un edificio privato bizantino del V-VI secolo.

Le meraviglie nascoste mi fanno pensare allo splendore dell’Esarcato di Ravenna, ai suoi abitanti, e all’alto Medioevo. Ma la fantasia galoppa e il tutto si materializza nell’esilarante battaglia per la precedenza del “Passo” tra il principe Teofilatto e il cavaliere Brancaleone da Norcia, mirabilmente narrata da Mino Monicelli, nel film “L’armata Brancaleone”.

La basilica di San Vitale mi riporta alla realtà e, per la sua incomparabile bellezza e maestosità, strabilia tutti gli equipaggi della nostra colorata carovana. Testimone della grandezza dell’impero bizantino, spicca per la raffinatezza e la preziosità delle sue decorazioni e dei materiali impiegati. Tutti la fotografano, cercano gli angoli più suggestivi e insoliti per fare un selfie o una foto di gruppo. Non mi associo ma ringrazio mentalmente il vescovo Massimiano che l’ha fatta consacrare nel 547 d.C..

Col naso all’insù ammiriamo la volta stellata del mausoleo di Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio. Il mosaico che la rappresenta è quasi avvolto nel buio della volta a botta poi l’occhio si abitua, la meraviglia si svela e il firmamento costellato di stelle si rivela in tutta la sua bellezza.

Dante e Sant’Apollinaire

Della tomba di Dante, affettuosamente chiamata la “zuccheriera” dai ravennati, lasciamo parlare l’epitaffio.

Bernardo Cenacchio – 1327

I cieli e le acque di Flegetonte visitando cantai finché volsero i miei destini mortali. Poiché però la mia anima andò ospite in luoghi migliori ed ancor più beata raggiunse tra le stelle il suo Creatore, qui sto racchiuso, (io) Dante, esule dalla patria terra, cui generò Firenze, madre di poco amore”.

Accarezzati dal sole e rinfrescati da una leggera brezza, pranziamo in riva al mare al Lido di Dante, degustando uno squisito menu a base di pesce.

Le amate inglesine si rinfrescano sotto il nostro vigile sguardo e sono pronte a riprendere la via che ci porterà alla Basilica di Sant’Apollinare in Classe. La basilica, imponente e maestosa con la facciata alta 30 metri e lunga quasi il doppio, rappresenta il più grande esempio di basilica paleocristiana, oggi conosciuta.

Patrimonio dell’UNESCO dal 1996 lascia tutti senza fiato per la sua stupenda bellezza. I mosaici policromi raffigurano, tra gli altri, anche il Cristo Pantocratore che regge gli apocalittici simboli dell’alfabeto greco: Alfa e Omega, l’inizio e la fine di ogni cosa, un monito per tutti noi.

Un altro cupolone antistante la basilica richiama l’attenzione dei più attenti e dei più curiosi, si tratta della bianca torre dell’ENAV (Ente Nazionale Assistenza al Volo) che, con la sfaccettata cupola geodetica, ci richiama alla modernità.

Dopo cena le più volenterose e aspiranti ballerine “MG’s Ladies”, guidate dalla nostra gentile ospite mozambicana, si lanciano in una movimentata sessione di bachata e deliziano tutti i presenti.

Il museo del sale di Cervia

L’indomani, la nostra meta è il Museo del sale di Cervia. Partiamo con un po’ di rammarico perché mancano solo poche ore al termine di questo amichevole e partecipato raduno ma, così è la vita e siamo pronti a partire per il prossimo. All’arrivo alle Officine del Sale parcheggiamo in bella mostra le nostre amate inglesine che suscitano l’ammirazione dei passanti.

Il museo del sale di Cervia

Al museo, apprendiamo che il sale è stato considerato una risorsa economica per tanti secoli, tanto da essere definito “oro bianco”.

Non a caso il termine salario deriva dall’unione di “sal” – sale – con la desinenza “arium” indicante attinenza. Nell’antica Roma i soldati delle legioni erano pagati con una certa quantità di sale, oltre che con viveri.

Prezioso per la conservazione degli alimenti è stato a lungo sottoposto al monopolio governativo. Anche a Cervia, parte dello Stato Pontificio, il commercio del sale era sottoposto allo stesso tipo di ordinamento.

Interessanti gli antichi attrezzi di legno che venivano usati per raccogliere il sale dai salinari e i tanti oggetti storici usati per la produzione, raccolta e lavorazione “dell’oro bianco”.

Pranziamo nel magazzino delle saline, costruito nel 1698, tra i tavoli che ci ospitano circolano buonumore, amicizia e ancora tanto buon pesce. L’ultimo brindisi, i saluti e arrivederci alla prossima edizione.